Un mucchio di calzini spaiati

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Penso che ci sia un limite al livello di tristezza che un film può raggiungere.
Collateral beauty è un film bellissimo, ma ha superato quel limite.
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Il volo da Adelaide ci porta prima a Alice Springs e, dopo un'oretta di attesa e un toast da dimenticare, ad Ayers Rock. Dal finestrino la vista è sul vasto e spettacolare deserto australiano. Ho davvero invidiato quelli che gironzolavano con i 4x4.


L'aeroporto di Ayers Rock è davvero piccolo, più piccolo di quello di Alghero (io confronto gli aeroporti piccoli con Alghero, che vi devo dire), l'addetta ai check in è la stessa che con le bandierine in pista e, immagino, abbia altri cento ruoli.

Recuperiamo l'auto alla Hertz e, dopo pochi chilometri, eccoci a Yulara.
Non c'è molta scelta per il soggiorno: c'è l'Ayers Rock resort (4 hotel, 1 ostello e 1 campeggio), ovviamente carissimo. Abbiamo scelto l'hotel più economico (abbiamo evitato l'ostello e il campeggio perché poracci si, ma pur sempre in viaggio di nozze) e, dalle recensioni di tripadvisor, pensavo molto peggio, invece è dignitoso.

Tra l'altroi al Bough House Restaurant ho mangiato il miglior Barramundi del viaggio. Si, il pesce migliore l'ho mangiato in mezzo al deserto.

Dopo il check-in entriamo subito parco (il biglietto per 3 giorni costa 25$), facciamo un primo giro del rock e ci fermiamo ad ammirare il tramonto in uno dei punti panoramici. Di quanto mi abbia emozionato il luogo ho già parlato qui, ma credo sia impossibile  descriverne la bellezza. Dicono sia pieno di energia, io posso solo confermare.


La mattina dopo la partenza è all'alba, direzione Kata Tjuta.


Noi scegliamo il Valley of the Wind walk che è il percorso più lungo (sono circa 8Km) che si può fare. Qui non ti limiti a vedere la roccia da un percorso esterno, qui il percorso è "nella" roccia.


Il cielo è di una tonalità di azzurro mai visto e, ogni tanto, si aprono dei punti panoramici che ti mettono in pace con il mondo.


Bisogna portarsi l'acqua, tanta acqua, e munirsi di "retina" (qualche dollaro al supermarket del resort) se, appena si alza il sole, non si vuole essere mangiati dalle mosche. E c'è vento, tanto vento.
Il percorso non è per tutti: fa caldo, ci sono salite, un paio di punti un pochino più impegnativi e, di sicuro, non va fatto in ciabatte.

La retina (sul mento che sul collo mi dava fastidio) e il vento.

In attesa di un altro incredibile tramonto ci rilassiamo in piscina e, dopo aver visto il firmamento in tutto il suo splendore, andiamo a letto presto che ci aspetta un'altra levataccia per il giro di Uluru.

Stavolta il percorso è il Walk Around Uluru, un percorso su sentiero pianeggiante di circa 10Km intorno al rock più famoso.


Le regole sono semplici:
- non si sale sul rock;
- non si fanno foto dove non si può (ci sono parti in cui si può e parti in cui no, mi pare semplice).
Eppure pare che non tutti riescano a rispettarle e qualche morto nel tentativo di scalata per ci scappi ogni anno...

Il percorso è molto semplice, meno spettacolare rispetto a Kata Tjuta, ma anche qui non abbiamo incontrato quasi nessuno, in compenso abbiamo sentito abbaiare. Un abbaiare che si avvicinava...fortunatamente nessun Dingoes o cane selvatico (io me la sarei fatta addosso), è arrivato da noi. Però capita. Ecco un video:


Non che non abbiamo incontrato simpatici animaletti eh.





E con un tuffo in piscina finisce anche la nostra avventura in mezzo al deserto, è ora di prendere un altro aereo, direzione foresta pluviale e la grande barriera corallina.
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Bello.
Bello, bello, bello.

Siamo negli Stati Uniti degli anni '60 quando per le persone di colore c'erano posti sull'autobus dedicati. E ci sono tre donne di colore, tre menti eccellenti, che hanno dato un contributo fondamentale alla NASA.

La NASA.

Il film è basato su una storia vera e, da quanto ho capito, si limita a raccontarla.
Del resto quando la vita regala queste chicche c'è poco da inventarsi.


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[Riflessione di un martedi sera qualunque]

L'altra sera uscivo dal corso d'inglese e, passando per il parchetto, ho visto due ragazzi che chiacchieravano su una panchina, fumavano una canna.

Tanta fretta di crescere, ma quanto eran belle quelle nottate sui muretti a parlar del nulla?

E' stato quello l'istante in mi sono resa conto del tempo che passa, più della prima volta che mi han dato del lei o che mi han chiamato signora.

So che potrei mettermi anche ora seduta su una panchina con un amico a fumare una canna, ma so anche che non sarebbe la stessa cosa. In fondo c'è il tempo delle panchine e quello dei ristoranti, quello delle canne e quello del vino.
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Sono andata al cinema abbastanza convinta che mi sarei divertita, finora Giallini difficilmente mi ha delusa.

E in effetti, per ridere ho riso. Ma mi aspettavo qualcosa di più.
La trama ha dei buchi, gli atteggiamenti dei personaggi spesso non sono coerenti con il personaggio stesso.

Mi è piaciuto il tema, ma potevano fare di più.
Peccato.


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Nel buio più buio che io abbia mai visto, arriviamo a Warnambool, ci sistemiamo nel nostro hotel, che sembra un motel da film americano, e andiamo a cena.

Ci troviamo in un ristorante improbabile, pieno zeppo di persone chiassose, dove ordiniamo un filetto di salmone e un tortino di verdure che arrivano dritti dritti dagli anni '80.
Ho un vago ricordo della cameriera che parla a raffica e io, che l'inglese lo parlo regolarmente e anche piuttosto bene, non capisco una beata mazza.

Dopo un sonno ristoratore e pancakes per colazione capisco la difficoltà nel capire la cameriera la sera precedente: troncano tutte le parole. Per esempio table è "bl".

Partiamo da Warnambool in direzione Adelaide, 700Km di meraviglioso nulla interrotto da qualche stazione di servizio e paese "fantasma".


Arriviamo ad Adelaide nel tardo pomeriggio.
Entriamo in aeroporto per riconsegnare la macchina e l'addetto dell'autonoleggio non vuole addebitarci la benzina mancante, dice che costa troppo quindi ci spiega dove trovare un distributore, ci fa uscire a far benzina e rientrare.
Questi sono gli australiani.


Adelaide potrebbe essere una qualunque città europea.
Anche qui i parchi meravigliosi non mancano, è piena di ristoranti e per prendono molto seriamente la questione vino.


Una sera abbiamo cenato in un ristorante e il proprietario era figlio di immigrati italiani.
Ci siamo trovati ad essere gli ospiti d'onore, a fine cena si è seduto con noi e ci ha offerto del limoncello fatto in casa.


Ci ha spiegato l'Australia di oggi, ci ha detto, molto onestamente, che non è più la terra delle opportunità di quando sono arrivati i suoi, ma si sta bene.

Tra le cameriere una ragazza albanese. Ha studiato giurisprudenza in Italia ma, prima di poter avere la cittadinanza australiana deve lavorare minimo 3 anni, andare a scuola e dare degli esami di inglese.

Il ristorante era carino e si mangiava bene.
La cucina poteva essere quella di mia nonna, in fondo, quando loro hanno lasciato l'Italia, si cucinava cosi.

Dopo due giorni siamo pronti a ripartire, la destinazione è il deserto.
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